Titolo originale: A Little Chaos
Regia: Alan Rickman
Anno: 2014
Nazionalità: Regno Unito
Genere: Commedia storica
Cast: Kate Winslet, Mathias Schoenaerts, Alan Rickman, Jennifer Ehle, Stanley Tucci, Helen McCrory
Alan Rickman, attore teatrale di lungo corso e famoso ai più per essere stato Severus Snape (Piton nell’edizione italiana) di Harry Potter, torna alla regia venti anni dopo il delicato L’ospite D’inverno.
E come accadde all’epoca sceglie una tematica già vista per raccontarla da una prospettiva intrigante, anche se forse non originalissima.
Questo “Le regole del caos” ha diversi pregi, primo tra tutti quelli di presentarsi come qualcosa di non completamente serioso e che anzi sa prendersi molto poco sul serio, nonostante ci siano dei picchi di drammaticità notevoli.
Merito sicuramente del regista e del suo strepitoso cast, nonché della sceneggiatura, che non manca di regalarci momenti comici persino nella scena clou.
La storia, di per se, è molto semplice: Sabine de Barra (la sempre bravissima Kate Winslet, che i più accorti ricorderanno aver fatto coppia con Rickman in Ragione e Sentimento), una giovane giardiniera vedova da poco, si ritrova a lavorare a Versailles, sotto la direzione del maestro André Le Notre (bravo a modulare la voce, un po’ meno a dare espressività al volto) per l’ampliamento dei giardini, proprio sotto il re Sole (lo stesso Rickman, che ci fa un ritratto davvero inedito e intrigante del sovrano)
Ne nascerà ovviamente un storia d’amore, non senza complicazioni, dato che André è sposato con una donna (Helen McCrory, Narcissa di Harry Potter, ma anche famosa per il ruolo di zia Pol in Peaky Blinders), a cui lo lega solo uno squallido accordo di potersi tradire a vicenda e nel contempo appoggiarsi reciprocamente per fare carriera.
Madame Le Notre dimosterà di tenere poco al proprio orgoglio, ma anche di avere ben poca coerenza, avendo tradito per anni il marito, farà il possibile per separarlo da Sabine, anche con metodi poco ortodossi, senza ottenere nulla.
Al di là della storia d’amore, molto tenera e non banale, bisogna dirlo, quello che colpisce è la buona ricostruzione della corte francese, sia per gli abiti e gli ambienti, sia per gli intrighi e le relazioni interpersonali.
La principessa Elizabeth Charlotte accetta che il marito, il principe Filippo (un delizioso Stanley Tucci) intrattenga una relazione con il duca Antoine, purché si occupi di lei e dei loro figli.
Madame Françoise-Athénais De Montespan (Jennifer Ehle, Elizabeth Bennet del mitico sceneggiato BBC, Orgoglio e pregiudizio) rivela il suo lato più fragile e dolce, aprendo il circolo segreto delle nobili di corte a Sabine, a cui ognuno rivela il proprio dramma e l’impossibilità di parlare di morte di fronte al re. Madame de Montespan vive un momento molto difficile: la bambinaia dei suoi figli, Madame de Maintenon, sta attirando da tempo il sovrano, non tramite la sensualità come era abituata a fare Athénais, ma ascoltandolo.
Chi conosce la storia sa che la Montespan perderà la sua battaglia, vedendo la sua rivale diventare la moglie, senza corona, del re, tuttavia il film le regala un po’ di requie, grazie all’intervento di Sabine.
Altro punto interessante della pellicola di Rickman è il rapporto tra la protagonista e il re sole, che distrutto per la morte della moglie (a cui, malgrado i tradimenti, era legato da profondo affetto), si rifugia in un piccolo giardino, levandosi parrucca e giacca ornata, inducendo involontariamente all’errore Madame De Barra, che lo scambia per il padrone del luogo.
Quando l’equivoco sarà chiarito, i due continueranno a parlarsi, a cuore aperto, in un confronto tra due essersi umani che hanno perso molto e sembrano essere stanchi delle continue recite a cui il loro mondo li costringe.
Non originale né eccezionale, Le Regole del Caos soffre anche di una certa lentezza, ma non manca di affascinare lo spettatore né di coinvolgerlo emotivamente.
Senza voler passare per esperta di regia, vedendo il film mi è parso di cogliere qualche riferimento al cinema di Del Toro, in particolare a “Il labirinto del fauno” per certe riprese in notturna mentre per quelle diurne pare di vedere qualcosa del cinema di Zhang Yimou.
Le atmosfere rievocano, invece, “Il bacio del serpente”, piccolo intrigante film del 1998 e “Quel che resta del giorno”.
Da vedere per passare un pomeriggio o una serata tranquilli e per scoprire un lato inedito della corte francese.